Per valutare l’offensività della condotta di coltivazione occorre accertare l’idoneità del vegetale a produrre sostanza idonea al consumo, pertanto non deve valutarsi la quantità di principio attivo che appare ricavabile nell’immediatezza, ma l’attenzione dell’interprete deve focalizzarsi in primis sulla conformità della pianta al tipo botanico previsto e in secundis sulla potenziale attitudine della stessa a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente, inserendo “nell’equazione” , anche le concrete modalità di coltivazione.
Trattasi di principio ormai granitico in Giurisprudenza, ribadito di recente dalla Corte di Cassazione (Sez. IV Penale, n. 50970/17, depositata l’8 novembre), espressivo del più generale principio di offensività, secondo il quale il reato non è ritenuto idoneo a ledere o mettere in pericolo il bene giuridico tutelato qualora nel concreto si ravvisi una impossibilità di verificazione dell’evento, una inidoneità dell’azione o una inesistenza assoluta dell’oggetto, secondo i consueti canoni del reato impossibile.
Pertanto, in relazione alla fattispecie di coltivazione non autorizzata di piante da cui è estraibile principio attivo stupefacente, gli Ermellini hanno definito che la punibilità deve essere esclusa qualora sia accertata l’inoffensività in concreto della condotta. Escludendo dal penalmente rilevante tutte quelle condotte che, pur astrattamente sussumibili nei confini della norma incriminatrice, si rivelino essere in concreto inoffensive, in quanto inidonee a produrre per effetto della coltivazione (anche in via prognostica) un rilevante aumento di disponibilità di droga e diffusione della sostanza.
La corte concretizza poi il proprio ragionamento affermando che l’offensività della condotta di coltivazione non è però esclusa dal mero mancato compimento del processo di maturazione delle piante o dalla semplice immediata assenza di principio attivo ricavabile, se è ragionevolmente prevedibile che gli arbusti analizzati siano, all’esito del loro fisiologico sviluppo, in grado di rendere quantità significative di prodotto drogante.
Valutazione di concreta offensività che spetta al Giudice del merito e che deve essere necessariamente pro futuro dal momento che l’attività incriminata, ossia il “coltivare”, si riferisce all’intero ciclo evolutivo dell’organismo biologico. Principio consacrato da una pronuncia a Sezioni Unite del 2008 e successivamente più volte confermato sino ad oggi.
Si sottolinea poi che permane la punibilità della “coltivazione” anche se destinata a mero uso personale, in quanto non può determinarsi in via preventiva la potenzialità produttiva della coltivazione, rendendo quindi inaffidabili eventuali valutazioni sull’effettiva destinazione finale della droga suscettibile di essere prodotta (uso personale o cessione?).
Avv. Alessandro Calogiuri
– Cass., Sez. IV Pen., n. 50970/17 dep. 8/11/2017