La Corte di Cassazione (S. n. 54695/17) ha stabilito che non può ritenersi giustificata la condotta di occupazione abusiva permanente di un immobile tenuta dal padre di una bambina di 3 anni in conseguenza di una contingente situazione di difficoltà economica.
La predetta decisione consente di analizzare, trattando del crescente fenomeno dell’occupazione abusiva di immobili, gli estremi applicativi della causa di giustificazione dello stato di necessità previsto all’art. 54 c.p.
Secondo la suddetta norma “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.”
Risulta essenziale quindi verificare se, e a quali condizioni, la condotta concretamente posta in essere da un soggetto in stato di emergenza abitativa possa ritenersi giustificata.
Deve innanzitutto chiarirsi cosa intendere per quel danno grave alla persona che deve spingere il soggetto all’azione illecita.
Con tale espressione si fa riferimento al rischio di lesione di tutti quei beni giuridici costituzionalmente tutelati concernenti l’essenza della persona stessa e i suoi bisogni primari.
Tale pericolo deve poi qualificarsi come altrimenti inevitabile, nel senso che la condotta tipica, astrattamente criminosa, posta in essere dal soggetto agente deve qualificarsi quale unico mezzo che il soggetto aveva a disposizione per evitare il danno.
Inoltre, il fatto concretamente posto in essere deve essere valutato come proporzionato rispetto al pericolo da evitare ed il pericolo deve qualificarsi come transeunte, ossia imminente, circoscritto nel tempo e nello spazio; non permanente o abituale in quanto, qualora il pericolo si qualificasse come permanente, si verrebbe a realizzare un’inammissibile espropriazione senza indennizzo, con conseguente indeterminata occupazione della proprietà (ex multis Cass. pen., sez. II, 43078/2014).
Tornando al caso di specie gli Ermellini hanno pertanto affermato che non si può ritenere giuridicamente e penalmente giustificabile la scelta di un padre di occupare permanentemente un alloggio popolare in dipendenza di una situazione di difficoltà economica, neppure qualora sia stato motivato dalla necessità di trovare accoglienza per la sua bambina di 3 anni.
Come già detto, quanto posto in essere deve inoltre essere qualificato quale unica condotta idonea a neutralizzare il pericolo, situazione che non può ritenersi ricorrente nel caso di cui trattasi, posto che l’imputato ben avrebbe potuto evitare in altro modo il suddetto rischio, ad es. rivolgendosi ad apposite strutture di accoglienza o volontariato.
Avv. Alessandro Calogiuri
– Cass. sez. V Pen. Sent. n. 54695/17, dep. 5/12/2017