Come è noto gli eventi mortali lungo le nostre strade non sono sempre il frutto di condotte criminali poste in essere in assoluto spregio delle norme del Codice della Strada, ma a volte sono normali automobilisti che, loro malgrado, si trovano coinvolti in sinistri mortali causati da condotte imprudenti della vittima stessa.
La domanda che sorge legittima è capire se e quando tali comportamenti possano ritenersi idonei a far andare esente da responsabilità l’automobilista.
Data l’importanza della questione, attorno a cui ruota la soluzione di numerosi processi, il tentativo di fornire una risposta accettabile ha originato un positivo dibattito anche in sede di Giurisprudenza di legittimità.
Gli Ermellini si sono trovati a dover prendere posizione circa la discussa problematica dell’incidenza della condotta imprudente del danneggiato quale limitazione o esimente della responsabilità del danneggiante.
Sul punto si sono più volte espressi tentando di trovare delle linee guida idonee a guidare l’interprete nel difficile percorso di contemperamento ed equilibrio del c.d. principio di affidamento.
Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha riconfermato il principio di diritto secondo il quale, l’automobilista imputato di omicidio colposo del pedone dovrà essere ritenuto non responsabile qualora la condotta della vittima sia di per sé “una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento”.
Occorre quindi rispondere ad un’altra domanda: quando la condotta della vittima possa considerarsi causa eccezionale?
Può ritenersi sussistente tale situazione qualora il conducente si sia trovato nella “oggettiva impossibilità” di avvedersi del sopraggiungere del pedone i cui movimenti si sono manifestati in modo ”rapido, inatteso ed assolutamente imprevedibile”.
Qualora invece la condotta imprudente del pedone costituisca una mera causa concorrente nella causazione dell’evento e possa qualificarsi come astrattamente prevedibile la responsabilità del conducente non potrà ritenersi esclusa, ma l’imprudenza della vittima potrà tutt’al più comportare un contemperamento della responsabilità dell’automobilista.
A fronte di una soluzione così apparentemente semplice occorre però avere sempre bene a mente che la posizione di garanzia che l’ordinamento addossa ai conducenti risulta, ragionevolmente, molto estesa.
Ciò è evidente nel caso che ha originato la decisione in commento ove nonostante la presenza di plurimi elementi di fatto, prima vista idonei ad escludere la prevedibilità della condotta del pedone (l’imprudente attraversamento subito dietro una curva, l’assenza di strisce pedonali, il fatto che la visuale fosse coperta da un pilastro di cemento armato e che ci si trovasse in condizioni di scarsa illuminazione artificiale e di quasi inesistente luce naturale), la Corte ha comunque confermato la condanna per l’imputato e, quindi, la sua responsabilità con conseguente valutazione di irrilevanza del comportamento del pedone.
Tali circostanze di fatto depongono in senso opposto rispetto all’imprevedibilità, non sono infatti state ritenute idonee a fondare una siffatta valutazione ma anzi, in considerazione del fatto che la scarsa visibilità evidenziava una chiara situazione di rischio e di impossibilità di sapere con certezza cosa si trovasse dietro la curva l’imputato avrebbe dovuto a moderare la propria velocità, guidando in maniera più attenta per poter essere così pronto ad evitare potenziali e prevedibili ostacoli.
E’ pertanto l’automobilista a dover prevedere gli ostacoli che potrebbe trovarsi davanti, modificando la propria guida in senso cautelativo qualora in presenza di indici di rischio non possa con ragionevolezza certezza escludere la loro concretizzazione ma anzi rimangano astrattamente prevedibili.
In conclusione, anche per i meno avvezzi ai ragionamenti giuridici è la saggezza popolare che torna ad aver ragione perché “chi va piano, va sano, va lontano…e può andare esente da responsabilità.
Avv. Alessandro Calogiuri
-Cass. Sez. IV Pen. n. 14544/18