In un momento, come quello attuale, di rilevante allarme sociale in cui sembrano essere decaduti i più elementari corollari di buon senso e rispetto della riservatezza altrui e i casi di atti persecutori, il c.d. “stalking”, risultano essere ormai all’ordine del giorno è d’obbligo ricordare, come fa la Suprema Corte, che l’essere, o il ritenere di essere, odiosamente perseguitati non è condizione di per sé idonea a giustificare ogni tipo di reazione.
La decisione del Supremo Consesso che si commenta prende le mosse dal caso di un soggetto imputato per lesioni personali aggravate ai danni di una giovane “stalker”. L’imputato riteneva che nella sua condotta fossero integrati gli estremi applicativi della causa di giustificazione della legittima difesa e portava tale doglianza innanzi alla Corte romana.
La Corte di Cassazione depone per la non sussistenza della legittima difesa e coglie l’occasione per ricordare gli inderogabili presupposti della causa di giustificazione di cui all’art. 52 c.p.
Ricordiamo, per i lettori meno avvezzi al mondo del diritto, quali sono gli elementi strutturali della legittima difesa richiesti ai fini della sua applicazione.
E’ necessario che nella fattispecie concreta si individui la sussistenza in primis di una aggressione ingiusta e di una conseguente reazione legittima.
Tali concetti possono prima facie apparire astratti ed indeterminati, cerchiamo perciò di conferire loro una certa concretezza:
-l’aggressione ingiusta deve sostanziarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non tempestivamente neutralizzata, può comportare la lesione di un diritto costituzionalmente tutelato;
-la reazione per essere considerata legittima deve essere necessaria e proporzionata.
Deve rappresentare cioè l’unica via disponibile, nel caso concreto, per neutralizzare il suddetto pericolo e inoltre deve essere anche proporzionata rispetto all’offesa, sia in riferimento ai mezzi usati che ai beni giuridici in contrasto. Doppia proporzione che si deve sostanziare nella scelta del mezzo meno lesivo per l’aggressore tra quelli a disposizione ed in un rapporto di prevalenza tra il bene giuridico difeso e quello concretamente leso.
Portando tale analisi nel caso in commento risulta evidente come il vaglio di tale doppia proporzionalità abbia esito negativo, infatti la vittima della persecuzione aveva ragionevolmente altri mezzi a sua disposizione e la sua reazione appare evidentemente sproporzionata posto che una attività persecutoria, pur insopportabile, non può di per sé essere ritenuta presupposto giustificante la commissione del delitto di lesioni personali, per via del differente “peso” dei beni giuridici in contrasto.
Avv. Alessandro Calogiuri
– Cass., sez. V Pen., sent. n. 53313/17, dep. il 23 novembre 2017