I casi di omicidio del coniuge/partner, altresì detto Uxoricidio, sono purtroppo all’ordine del giorno, riempiono le pagine dei nostri giornali, le aule dei nostri tribunali e le poltrone dei talk show televisivi.
Un fenomeno crescente di spregio per la vita umana che sembra ormai inarrestabile e che, anzi, sembra autoalimentarsi producendo delitti sempre più frequenti ed efferati.
Al centro dell’attenzione giudiziaria, e conseguentemente di quella mediatica, sono i volti e le storie delle vittime e dei loro carnefici in un costante equilibrismo tra sete di giustizia, bisogno di comprendere e morboso voyeurismo…chi resta viene invece dimenticato.
I figli di quelle famiglie distrutte dallo sconsiderato gesto di un istante restano come ombre sullo sfondo di storie più grandi di loro, senza che la loro voce venga ascoltata e che venga loro garantita una giusta ed effettiva tutela.
Proprio a tale stortura tenta finalmente di porre rimedio il legislatore che con la legge n. 4 dell’11 gennaio 2018 ridisegna in più parti codice penale e codice civile per tutelare maggiormente gli orfani frutto di delitti consumati tra le mura domestiche.
FRODE: ANCHE A SAN VALENTINO IL MENU’ NON DEVE NASCONDERE SORPRESE – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
I ristoratori si preoccupano di fornire alla clientela un locale raffinato ed accogliente, un ottimo servizio, impiattamenti scenici e menù che fanno viaggiare la mente prima del palato, ma quando si finisce sotto le attenzioni dell’autorità giudiziaria a fare la differenza tra una condanna ed una assoluzione è spesso un piccolo asterisco nella parte bassa del menù.
Il menù è infatti ben più che una mera elencazione delle possibilità di scelta che vengono offerte alla clientela. Esso va infatti giuridicamente qualificato come una vera e propria proposta contrattuale formulata dal ristoratore nei confronti dei suoi avventori.
Pertanto è bene che il ristoratore vi indichi in maniera veritiera tutte le caratteristiche del prodotto che poi i clienti si troveranno nel piatto, rischiando altrimenti una incriminazione per frode nell’esercizio del commercio. Leggi tutto “FRODE: ANCHE A SAN VALENTINO IL MENU’ NON DEVE NASCONDERE SORPRESE – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona”
Riscuotere la pensione di un defunto…Truffa o indebita percezione? – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
La Corte di Cassazione, decidendo un caso relativo all’annosa, e tipicamente italica, questione di soggetti che omettono di dichiarare la morte del parente, o ne dichiarano falsamente la permanenza in vita, al fine di continuare a percepire il relativo trattamento pensionistico, si occupa nuovamente di stabilire e concretizzare i criteri risolutivi del conflitto apparente di norme che interessa la fattispecie di “indebita percezione di erogazioni a danno dello stato” prevista dall’art. 316 ter c.p. e quella, ben più grave, di “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” di cui all’art. 640 bis c.p.
Riforma delle intercettazioni: il nuovo 617 septies c.p. – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
Il 29 dicembre scorso il Consiglio dei Ministri ha definitivamente approvato il decreto legislativo che riforma la disciplina delle intercettazioni nel processo penale attuando così la delega contenuta nell’art. 1, c. 84 della L. 23 giugno 2017 n.103.
La modifica entrerà in vigore dopo sei mesi dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (unica eccezione sarà per la nuova previsione relativa alla pubblicabilità dell’ordinanza di custodia cautelare che sarà invece efficace trascorso un anno), la pubblicazione al momento è prevista per gennaio.
Si tratta di un intervento riformatore che tenta, forse non riuscendoci, di comporre il difficile equilibrio tra la necessità per le Procure di utilizzare un così fondamentale strumento d’indagine e, dall’altro lato della bilancia, il diritto dei cittadini a non veder immotivatamente compresso il proprio diritto alla riservatezza e alla difesa.
Occupazione abusiva di immobile e stato di necessità – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
La Corte di Cassazione (S. n. 54695/17) ha stabilito che non può ritenersi giustificata la condotta di occupazione abusiva permanente di un immobile tenuta dal padre di una bambina di 3 anni in conseguenza di una contingente situazione di difficoltà economica.
La predetta decisione consente di analizzare, trattando del crescente fenomeno dell’occupazione abusiva di immobili, gli estremi applicativi della causa di giustificazione dello stato di necessità previsto all’art. 54 c.p.
Secondo la suddetta norma “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.”
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Art. 572 c.p.: Se i maltrattamenti in famiglia continuano dopo la fine della convivenza – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
L’art. 572 c.p. punisce la reiterazione abituale di comportamenti lesivi dell’integrità fisica e/o morale, della libertà o del decoro della vittima. Il delitto di “maltrattamenti in famiglia” è un delitto c.d. proprio dal momento che può essere commesso solo dal familiare o dal soggetto che sia comunque legato alla vittima da una relazione di “familiarità”.E’ ormai pacifico che nel concetto di famiglia appena richiamato, debba essere ricompresa anche la convivenza more uxorio, nonché “qualunque relazione sentimentale che, per la consuetudine dei rapporti creati, implichi l’insorgenza di vincoli affettivi e aspettative di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale».
Stalking: La persecuzione non surroga la proporzione della reazione della vittima – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
In un momento, come quello attuale, di rilevante allarme sociale in cui sembrano essere decaduti i più elementari corollari di buon senso e rispetto della riservatezza altrui e i casi di atti persecutori, il c.d. “stalking”, risultano essere ormai all’ordine del giorno è d’obbligo ricordare, come fa la Suprema Corte, che l’essere, o il ritenere di essere, odiosamente perseguitati non è condizione di per sé idonea a giustificare ogni tipo di reazione.
Guida in stato di ebbrezza: quando gli accertamenti sono fatti in ospedale… – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
La giurisprudenza di Cassazione si è di recente espressa su due profili dal notevole rilievo pratico: la valenza processuale degli accertamenti ematochimici disposti direttamente dai sanitari e i confini della necessità di avvisare il soggetto sottoposto ai suddetti esami della facoltà di nominare un difensore.In relazione alla prima questione la Suprema Corte ha chiarito che le analisi ematiche effettuate autonomamente, e per ragioni cliniche, dai sanitari del pronto soccorso sul conducente ivi condotto a seguito di incidente stradale, devono essere ritenute idonee a certificare la sussistenza dello stato di ebbrezza ed utilizzabili in giudizio, pur in assenza di una richiesta dell’Autorità.
Per quel che riguarda la seconda questione, nulla quaestio per quel che riguarda accertamenti mediante etilometro effettuati direttamente dalla Polizia Giudiziaria, in tal caso gli agenti dovranno necessariamente procedere ad avvertire il soggetto indiziato della facoltà di farsi assistere da un difensore.
Il suddetto avviso non è invece necessario quando gli accertamenti siano autonomamente disposti dai sanitari per ragioni di cura del paziente. L’obbligo informativo deve invece ritenersi sussistente nel caso in cui la Polizia Giudiziaria rivolga al personale sanitario una richiesta di procedere ad esami, diretti a quantificare la percentuale di alcool nel sangue, che esulino dalle finalità terapeutiche in quanto unicamente rivolti alla ricerca della prova della colpevolezza dell’indiziato.
L’assenza dell’avviso fa sì che l’accertamento debba ritenersi processualmente inutilizzabile in quanto affetto da nullità.
Ciò è conseguenza del fatto che, esorbitando dalle finalità terapeutiche, l’attività deve essere qualificata quale atto di indagine della polizia giudiziaria effettuato in via delegata da parte del personale sanitario.
In conclusione, al fine di definire la disciplina concretamente applicabile al caso concreto, è fondamentale accertare la causale degli accertamenti scientifici:
Qualora le analisi ematochimiche siano effettuate direttamente dalla polizia giudiziaria o da personale sanitario su richiesta dell’autorità, ed in assenza di giustificazioni terapeutiche, vi sarà la necessità del previo avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore.
Per converso, ove l’accertamento si inserisca nel catalogo delle cure previste dal protocollo medico-sanitario il suddetto obbligo di avviso non si ritiene sussistente e, pertanto, il risultato delle analisi rimarrà comunque processualmente utilizzabile quale prova documentale.
Avv. Alessandro Calogiuri
– Cass., Sez. IV Pen., n. 51729/17, dep. 14.11.2017
– Cass., Sez. IV Pen., n. 51284/17, dep. 09.11.2017
Stupefacenti: Coltivazione Marijuana, la valutazione è prognostica – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
Per valutare l’offensività della condotta di coltivazione occorre accertare l’idoneità del vegetale a produrre sostanza idonea al consumo, pertanto non deve valutarsi la quantità di principio attivo che appare ricavabile nell’immediatezza, ma l’attenzione dell’interprete deve focalizzarsi in primis sulla conformità della pianta al tipo botanico previsto e in secundis sulla potenziale attitudine della stessa a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente, inserendo “nell’equazione” , anche le concrete modalità di coltivazione.
Trattasi di principio ormai granitico in Giurisprudenza, ribadito di recente dalla Corte di Cassazione (Sez. IV Penale, n. 50970/17, depositata l’8 novembre), espressivo del più generale principio di offensività, secondo il quale il reato non è ritenuto idoneo a ledere o mettere in pericolo il bene giuridico tutelato qualora nel concreto si ravvisi una impossibilità di verificazione dell’evento, una inidoneità dell’azione o una inesistenza assoluta dell’oggetto, secondo i consueti canoni del reato impossibile.
Pertanto, in relazione alla fattispecie di coltivazione non autorizzata di piante da cui è estraibile principio attivo stupefacente, gli Ermellini hanno definito che la punibilità deve essere esclusa qualora sia accertata l’inoffensività in concreto della condotta. Escludendo dal penalmente rilevante tutte quelle condotte che, pur astrattamente sussumibili nei confini della norma incriminatrice, si rivelino essere in concreto inoffensive, in quanto inidonee a produrre per effetto della coltivazione (anche in via prognostica) un rilevante aumento di disponibilità di droga e diffusione della sostanza.
La corte concretizza poi il proprio ragionamento affermando che l’offensività della condotta di coltivazione non è però esclusa dal mero mancato compimento del processo di maturazione delle piante o dalla semplice immediata assenza di principio attivo ricavabile, se è ragionevolmente prevedibile che gli arbusti analizzati siano, all’esito del loro fisiologico sviluppo, in grado di rendere quantità significative di prodotto drogante.
Valutazione di concreta offensività che spetta al Giudice del merito e che deve essere necessariamente pro futuro dal momento che l’attività incriminata, ossia il “coltivare”, si riferisce all’intero ciclo evolutivo dell’organismo biologico. Principio consacrato da una pronuncia a Sezioni Unite del 2008 e successivamente più volte confermato sino ad oggi.
Si sottolinea poi che permane la punibilità della “coltivazione” anche se destinata a mero uso personale, in quanto non può determinarsi in via preventiva la potenzialità produttiva della coltivazione, rendendo quindi inaffidabili eventuali valutazioni sull’effettiva destinazione finale della droga suscettibile di essere prodotta (uso personale o cessione?).
Avv. Alessandro Calogiuri
– Cass., Sez. IV Pen., n. 50970/17 dep. 8/11/2017
Prova: Conversazioni WhatsApp: maneggiare con cura – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
La Giurisprudenza è concorde nell’affermare che i messaggi inviati tramite applicazioni di messaggistica istantanea (Whatsapp, Facebook, Messenger…) sono dotati di valore probatorio, qualora sia provata la provenienza e siano valutati come attendibili.
La porta per l’ingresso di tali mezzi di prova nel processo penale è l’art. 234 c.p.p. c.1, ove è sancita la possibilità di acquisire documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante supporti fotografici, cinematografici, fonografici o altro mezzo.
Anche la Giurisprudenza di legittimità conferma ormai la suddetta linea interpretativa, giungendo ad affermare però la sussistenza di un ulteriore presupposto essenziale per ritenere utilizzabili dichiarazioni contenute in conversazioni telematiche, ossia l’acquisizione del dispositivo di origine (smartphone).
Avv. Alessandro Calogiuri
– Cass. Pen. Sez. V n. 49016 del 25 ottobre 2017