In un momento, come quello attuale, di rilevante allarme sociale in cui sembrano essere decaduti i più elementari corollari di buon senso e rispetto della riservatezza altrui e i casi di atti persecutori, il c.d. “stalking”, risultano essere ormai all’ordine del giorno è d’obbligo ricordare, come fa la Suprema Corte, che l’essere, o il ritenere di essere, odiosamente perseguitati non è condizione di per sé idonea a giustificare ogni tipo di reazione.
Responsabilità: Can che abbaia a volte morde…Chi è responsabile? – Alessandro Calogiuri Avvocato penalista Ancona
In capo a colui che detiene un animale domestico vige un obbligo di custodia e vigilanza sullo stesso per la cui sussistenza è sufficiente l’esistenza di una relazione di fatto tra il cane e il soggetto, a prescindere da un effettivo titolo di proprietà.
Affinché possa ritenersi sussistente tale posizione di garanzia penalmente rilevante la Cassazione ha chiarito che non riveste alcuna importanza la titolarità risultante da elementi formali quali la registrazione dell’animale all’anagrafe canina o l’apposizione del microchip identificativo, dovendo invece ritenersi sufficiente la prova dell’esistenza di una relazione di detenzione, anche solo materiale o di fatto.
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